
Vi state chiedendo perché, in un blog che parla di Hospitality e Revenue Management, oggi parliamo di Amazon?
La risposta è semplice: abbiamo letto un interessante articolo pubblicato qualche giorno fa sul Corriere della Sera – Dataroom di Milena Gabanelli e ci ha fatto riflettere sul ruolo sempre più centrale delle Big Tech nel raccogliere, analizzare e sfruttare enormi quantità di dati degli utenti.
Amazon, nel settore retail, è un leader assoluto. Ogni nostra ricerca, acquisto, interazione con i suoi servizi lascia una traccia. E oggi, grazie agli algoritmi basati su intelligenza artificiale, queste tracce vengono elaborate per predire e influenzare le nostre decisioni in modi che spesso non percepiamo nemmeno.
Nel settore turistico, il parallelo con Booking.com, Expedia, Airbnb e GetYourGuide è inevitabile. Se Amazon ha rivoluzionato lo shopping, queste piattaforme hanno cambiato radicalmente il modo in cui si prenotano camere, alloggi biglietti del museo, esperienze turistiche. E proprio come Amazon, le OTA (Online Travel Agencies) raccolgono dati, profilano gli utenti e guidano le loro scelte, spesso con meccanismi poco visibili agli occhi degli albergatori e dei viaggiatori stessi.
Capire come stanno evolvendo questi modelli è fondamentale per anticipare il futuro del mercato dell’ospitalità. Ecco perché oggi analizziamo insieme cosa fa Amazon con i dati, come funziona il suo modello e cosa possiamo imparare per prepararci al futuro dell’intermediazione turistica.
Quali dati vengono raccolti?
Amazon (e tutte le piattaforme Online di vendita incluse le OTA) raccoglie due tipologie di informazioni sui suoi utenti:
1️⃣ Dati certi: nome, cognome, età, indirizzo di casa e di lavoro, numeri di telefono, posizione geografica e, sorprendentemente, anche dati di amici e parenti. Basta inviare un regalo a qualcuno per permettere ad Amazon di memorizzare le informazioni di spedizione e collegarle al nostro profilo.
2️⃣ Dati presunti: sono le informazioni elaborate dagli algoritmi di intelligenza artificiale sulla base delle nostre azioni. Amazon analizza ogni acquisto, ogni prodotto cercato, i dispositivi che utilizziamo, le carte di pagamento, le interazioni con il servizio clienti e persino la musica o i film che guardiamo su Prime.
Con tutti questi dati, Amazon riesce a delineare un profilo dettagliato dell’utente: se ha figli, dove è stato in vacanza, se ha cambiato casa, quali sono le sue passioni e persino quale potrebbe essere il suo reddito. Un sistema che, nel bene e nel male, permette alla piattaforma di anticipare i nostri bisogni… prima ancora che li esprimiamo.
Come Amazon usa i nostri dati?
Il vero business di Amazon non è solo vendere prodotti, ma vendere visibilità. Ogni volta che facciamo una ricerca sul sito, vediamo prima i prodotti sponsorizzati: aziende che pagano Amazon per posizionarsi meglio nei risultati. E nello stesso modo le OTA, ci chiedono l’adesione ad un programma (Premium, Genius, per esempio) o l’attivazione di campagne specifiche promozionali, anche in questo caso ogni albergatore compra una visibilità maggiore sui “competitor”.
La logica è chiara: più l’algoritmo conosce l’utente, più può proporgli il prodotto “perfetto” per massimizzare il guadagno. Un modello che ha trasformato Amazon in una macchina pubblicitaria da oltre 50 miliardi di dollari all’anno.
E qui entra in gioco un concetto chiave: la profilazione. Ogni utente viene classificato in gruppi omogenei con etichette come:
- Fashionista (appassionato di moda)
- Genitore di adolescenti
- Viaggiatore frequente
- Consumatori di lusso
- Fan della musica jazz
- Eco-friendly
…e così via.
Questi gruppi di utenti target vengono poi utilizzati per mostrare pubblicità ultra-personalizzate, spingendoci inconsapevolmente a comprare, scegliere e comportarci esattamente come l’algoritmo ci ha classificato.
I rischi della profilazione: siamo davvero liberi di scegliere?
Il sistema creato da Amazon, non dissimile da quello di Booking.com o Meta o Tik Tok (e da molte altre Big Tech) ci rinchiude in una bolla di preferenze.
Pensiamoci: se l’algoritmo “decide” che siamo appassionati di determinati prodotti, continuerà a mostrarci sempre e solo quelli, limitando la nostra possibilità di scoperta e diversificazione.
Ma c’è un aspetto ancora più delicato: il potere di queste piattaforme non si limita allo shopping. Amazon sa quanto spendiamo, come paghiamo e, potenzialmente, può influenzare il nostro accesso al credito.
Il servizio di rateizzazione offerto dalla piattaforma (in Italia con Cofidis) comunica i dati agli istituti di credito, che a loro volta costruiscono un punteggio di affidabilità finanziaria. Se un utente accumula troppi acquisti a rate, potrebbe ritrovarsi in una categoria a rischio, con impatti negativi sulla possibilità di ottenere mutui, finanziamenti o carte di credito.
L’algoritmo, insomma, non si limita a suggerire prodotti. Può condizionare il nostro futuro finanziario.
Se tutto questo accade nel settore retail, cosa succede nel mondo delle prenotazioni online?
Le OTA (Online Travel Agencies) come Booking.com, Expedia e Airbnb operano con una logica molto simile a quella di Amazon:
🔹 Raccolgono enormi quantità di dati sugli utenti: ricerche effettuate, tipologia di hotel prenotati, fasce di prezzo preferite, destinazioni visitate, periodo di viaggio, durata del soggiorno, ecc.
🔹 Usano algoritmi per influenzare le scelte: perché vediamo prima un hotel e non un altro? Perché ci vengono proposti sempre gli stessi tipi di alloggio?
🔹 Creano profili dettagliati di ogni viaggiatore: i dati raccolti permettono alle OTA di segmentare i clienti in base al comportamento, mostrandogli strutture e offerte su misura.
🔹 Difficoltà di disintermediazione: così come è difficile sfuggire all’ecosistema di Amazon, per un hotel è sempre più complesso ottenere prenotazioni dirette senza passare dalle OTA, che monopolizzano la visibilità grazie ai loro budget pubblicitari e alla loro enorme mole di dati.
In definitiva: Booking, Expedia, Airbnb sono l’Amazon del turismo.
Il futuro del turismo: come possono difendersi gli hotel?
🔹 Comprendere i meccanismi delle OTA: più gli albergatori conoscono il modo in cui Booking ed Expedia usano i dati, più possono adottare strategie per ottimizzare la propria visibilità.
🔹 Investire nel marketing diretto: fidelizzare i clienti e raccogliere dati in prima persona è essenziale per ridurre la dipendenza dalle OTA.
🔹 Sfruttare la personalizzazione: proprio come fanno le OTA, gli hotel possono utilizzare dati e CRM avanzati per costruire offerte su misura e migliorare il rapporto con i clienti.
🔹 Puntare su un servizio unico: l’esperienza è ciò che differenzia una struttura da un’altra. Un’ospitalità personalizzata può fare la differenza, anche in un mercato dominato dagli algoritmi.
🔹 Utilizzare i nostri dati: avere gli strumenti adatti per raccogliere e analizzare i dati dei nostri ospiti permette di comprendere i flussi di prenotazione, le preferenze e i comportamenti dei clienti, offrendo un servizio più mirato e aumentando il valore della relazione con l’ospite.
L’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati stanno trasformando il turismo. Le OTA stanno diventando l’Amazon delle prenotazioni? Probabilmente sì.
Per gli hotel, il futuro non è semplice. Ma capire come funzionano gli algoritmi e adottare strategie proattive può fare la differenza tra essere protagonisti o spettatori del cambiamento.
Bibliografia per questo articolo:
The four i Padroni – Scott Galloway
Bradn Voice – Maestri, Pomaro, Triani
Marketing Aumentato – Vincenzo Cosenza