Oggi il mio racconto parte da tre letture che mi hanno fatto riflettere, ma che in realtà toccano corde su cui ragiono da tempo.
La prima è un articolo pubblicato dal Corriere della Sera dal titolo: “Napoli e il rischio di diventare una Disneyland per turisti” — con dati impressionanti sugli affitti brevi, addirittura tre volte superiori a quelli di Venezia.
Poi ho letto un pezzo su Euronews che racconta Barcellona, una città in lotta contro lo stesso fenomeno: residenti sfrattati, prezzi alle stelle, proteste contro un modello che, pur portando ricchezza, svuota le città della loro anima.
E infine, un intervento che mi ha colpito per lucidità e bellezza: quello su cheFare, che ci ricorda quanto sia importante parlare di decoro, sì, ma non come scusa per pulire via le persone. Il vero decoro è la bellezza viva, sociale, quella che nasce quando un luogo è abitato, non solo fotografato.
Da qui nasce l’articolo che stai per leggere. Un pezzo che non vuole dare risposte facili, ma che prova a mettere insieme domande scomode, visioni diverse e una convinzione forte: il turismo, se vuole avere futuro, deve tornare a essere una forza che costruisce valore — non solo per chi arriva, ma anche per chi resta.
1. Introduzione: Il Dilemma del Turismo di Massa
L’Italia è un Paese straordinario. Lo diciamo spesso e lo dicono anche i numeri: siamo tra le nazioni più visitate al mondo, con un patrimonio culturale, artistico e naturale che fa gola a ogni viaggiatore. Ma proprio questa abbondanza di bellezza ci mette di fronte a un bivio: è davvero il turismo di massa l’unica risposta possibile per valorizzare le nostre città e territori?
Negli ultimi anni, molte destinazioni italiane sono state travolte da un’ondata di presenze che, se da un lato ha portato numeri da record, dall’altro ha sollevato dubbi profondi sulla sostenibilità del fenomeno. È accaduto a Venezia, a Firenze, a Roma, a Palermo. E oggi, accade anche a Napoli. Un successo turistico indiscutibile, certo, ma accompagnato da una trasformazione che lascia domande aperte: a chi porta davvero valore questo boom? Quanto resta sui territori? E cosa succede quando un centro storico diventa una vetrina, ma si svuota di vita?
2. Napoli: Tra Crescita Turistica e Crisi Abitativa
Il caso Napoli è emblematico. Nel 2024 la città ha registrato 14,5 milioni di presenze turistiche, con una proiezione di 17 milioni per il 2025. La città partenopea è diventata una delle mete più ambite d’Europa, trainata da una narrazione emozionale che va dalla street art ai Quartieri Spagnoli, dal cibo di strada alle scalinate del Vomero. Ma mentre i flussi crescono, cresce anche la pressione su chi in città ci vive.
Gli affitti brevi sono esplosi: oltre 15.000 annunci attivi, una cifra che triplica quella di Venezia. Il mercato immobiliare si è polarizzato. Molti proprietari hanno convertito le loro case in B&B, sottraendole alla disponibilità dei residenti. Il risultato? Affitti raddoppiati, sfratti in aumento, giovani e famiglie che non riescono più a permettersi un tetto in città. Le attività storiche chiudono, sostituite da store turistici usa-e-getta. Il turismo, insomma, sembra non più accompagnare la città, ma travolgerla.
3. Delegare alle Piattaforme Digitali: Una Scelta Sostenibile?
In questo contesto, sorge spontanea una domanda: è davvero sostenibile lasciare che siano le piattaforme digitali, come Airbnb, a dettare i ritmi e le regole dello sviluppo turistico di un territorio?
Matera, per esempio, ha vissuto un boom legato anche alla visibilità offerta da queste piattaforme. Ma cosa è rimasto oggi, nei Sassi, al di là delle strutture ricettive? A Sambuca di Sicilia, dopo l’operazione delle case a 1 euro rilanciate anche da Airbnb, il flusso di curiosi ha riacceso l’interesse per il borgo. Ma è bastato?
La questione è delicata. Delegare lo sviluppo turistico a soggetti privati globali significa rinunciare a una visione strategica, territoriale, collettiva. Significa rischiare di perdere il controllo del proprio patrimonio culturale e sociale. Significa, soprattutto, costruire un’economia fragile, appesa agli algoritmi e ai trend, senza lasciare radici vere sul territorio.
4. Barcellona: Lezioni da una Città in Lotta
Per comprendere cosa potrebbe accadere in Italia se non si interviene con consapevolezza, basta guardare a Barcellona. La città catalana, simbolo del turismo urbano europeo, sta attraversando una fase critica: gli affitti sono aumentati del 70% in dieci anni, e interi quartieri sono stati svuotati dei residenti a favore degli affitti turistici.
Le proteste sono esplose quando Josep Torrent, insegnante 57enne, è stato sfrattato dopo che il suo palazzo è stato acquistato da un fondo internazionale. E non è un caso isolato. L’ondata di turismo ha trasformato la città in una Disneyland culturale, dove la bellezza resta, ma la vita vera scompare.
Il sindaco Collboni ha recentemente annunciato un provvedimento drastico: niente più licenze per affitti brevi dal 2028. Una misura per restituire le case ai cittadini, per frenare la speculazione e riportare equilibrio tra turismo ed abitabilità.
5. Verso un Nuovo Modello di Turismo
Tornando all’Italia, la domanda è semplice quanto urgente: vogliamo seguire la strada di Barcellona, aspettando che la crisi esploda? O vogliamo giocare d’anticipo, e ripensare il turismo come strumento reale di valorizzazione del territorio?
Servono politiche pubbliche coraggiose, strumenti di regolazione efficaci, ma soprattutto una visione: il turismo non può essere solo un flusso da contabilizzare. Deve diventare una leva di inclusione, di partecipazione, di cura. Un turismo che promuova esperienze autentiche, che distribuisca ricchezza in modo equo, che metta al centro chi vive nei luoghi e non solo chi li visita.
Dobbiamo ricostruire l’equilibrio tra centro e periferia, tra accoglienza e diritto all’abitare, tra crescita economica e identità culturale. E per farlo, serve più ascolto, più lentezza, più comunità.
6. Conclusione: Scegliere tra Opportunità e Minaccia
Il turismo non è un male, anzi. Può essere una forza straordinaria di rigenerazione, di scambio, di bellezza condivisa. Ma solo se governato, solo se connesso al bene comune.
Il turismo di massa, così come lo conosciamo oggi, è una strada a senso unico che rischia di svuotare le città di ciò che le rende uniche. L’alternativa c’è, e passa da un cambio di paradigma: non più turismo che travolge, ma turismo che costruisce. Non più numeri, ma relazioni. Non più algoritmi, ma visioni condivise.
Sta a noi, adesso, scegliere da che parte stare.
🧩 Una riflessione da consulente
Tutto questo si riflette anche — e in modo diretto — sull’offerta delle strutture ricettive. Oggi l’ospitalità è sempre più dominata degli algoritmi:
- quelli delle OTA, che spingono verso il prezzo più competitivo;
- quelli dei software di revenue, che appiattiscono ogni differenza sulla griglia del “più venduto”;
- e ora anche quelli dell’AI generativa, che confezionano testi e proposte perfette ma impersonali.
Il risultato? Una battaglia sul prezzo, dove il valore dell’accoglienza sparisce, e il viaggiatore non sceglie più dove andare per amore di un luogo, ma perché “l’algoritmo gliel’ha suggerito”.
Siamo molto lontani da un’idea di ospitalità che nasce dal rapporto tra luogo e persona. E questo è un paradosso enorme: abbiamo territori straordinari — mare, montagna, città d’arte — eppure rischiamo di renderli tutti uguali. E il viaggiatore, che cerca emozione e autenticità, si ritrova a prenotare ovunque… per caso.
Fonti:
Corriere della Sera “Napoli e il rischio di diventare una Disneyland per turisti: le offerte di affitti brevi sono il triplo di Venezia. Ipotesi ticket d’ingresso” – LINK
Euro News Protesters in Barcelona angry at evictions and high rental rates – LINK
Che Fare È il decoro, bellezza. I rischi della rigenerazione a Sud – LINK